Etty Hillesum. Poesia fra le baracche |
SACRO |
Una sera d’estate ero seduta a mangiare il mio cavolo rosso sul ciglio del campo giallo di lupini, che dalla nostra mensa si estendeva fino alla baracca di disinfestazione, e riflettevo con ansia ispirata: “Si dovrebbe scrivere la cronaca di Westerbork”.Un uomo anziano seduto alla mia sinistra – anche lui con il suo cavolo rosso – aveva replicato: “Sì, ma ci vorrebbe un poeta”.
Westerbork è un campo di smistamento in Olanda, “l’ultima fermata prima di Auschwitz”. Etty Hillesum è una ragazza ebrea di Amsterdam, laureata in giurisprudenza, con la passione per la letteratura, la psicologia e la filosofia. Quando i tedeschi effettuano la prima grande retata di ebrei olandesi, Etty comincia a lavorare per il Consiglio Ebraico. Questo lavoro la esenterebbe dall’internamento a Westerbork, ma qualche settimana dopo essere stata assunta, chiede di esservi trasferita in qualità di assistente sociale. Tra il 1941 e il 1943, attraverso la tenuta di un diario personale e la scrittura di alcune lettere ad amici e parenti, Etty racconta non solo del fango e delle baracche, del filo spinato e del pasticcio di patate, delle malattie e del sovraffollamento del campo, ma anche della guerra e dell’oppressione, delle famiglie lacerate e delle proprietà sottratte, dell’occupazione tedesca e della persecuzione degli ebrei. Non lo fa però registrando i fatti, bensì annotando pensieri e riflessioni personali, testimonianze di profonda fede e intenso amore. La miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure alla sera tardi quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore s’innalza sempre una voce – non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare – , e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande… Ed è proprio questo sguardo positivo che l’ha resa poeta in quel villaggio di baracche trafitte da correnti d’aria, stracolme della sofferenza di uomini umiliati. I suoi scritti qualche volta diventano un bollettino di atrocità e di paura, ma mai questo sentimento conquista interamente il suo cuore. C’è sempre spazio per tenere, leggere e robuste pennellate di colore. Non abbandona mai la pace interiore, la gioia e la contemplazione dell’orizzonte, ed è così che Etty ha saputo essere "balsamo per molte ferite" e "cuore pensante della baracca". Dammi un piccolo verso al giorno, mio Dio, e se non potrò sempre scriverlo perché non ci sarà più carta e perché mancherà la luce, allora lo dirò piano, alla sera, al tuo gran cielo. Ma dammi un piccolo verso di tanto in tanto. E quei versi sono giunti fino a noi e ogni giorno ci raccontano la poesia della vita. |